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Su materiali raccolti attorno ad alcuni temi e soggetti congeniali all'Autore, talora aspro e pungente talaltra struggente e tenero critico della contemporaneità, è stata intessuta la trama dell'esposizione, che rientra fra le personali che il Collegio San Giuseppe promuove a corollario delle mostre a tema organizzate nelle stagioni culturali dal 2008. Erede della satira fiorita nei primi decenni del Novecento, nonché dell'arte che ha le radici nel Futurismo e nel Dada, formatosi nel raffinato ambiente artistico e culturale fiorentino della prima metà del XX secolo, Mario Gomboli entra in contatto con la bruciante satira di Mino Maccari e, trasferitosi a Torino nella seconda metà degli anni '50, con l'intensa stagione sperimentale che annovera fra i più significativi esponenti Gallizio, Cherchi, Loffredo, Seborga. E' attratto altresì dalla considerazione delle espressioni figurative che si ispirano ai modi dell'infanzia nella considerazione che ne ha la psicopedagogia della seconda metà del XX secolo, che nell'età infantile e nelle sue favole scopre un fondo drammatico, pressoché antitetico con la tradizionale visione consolante dell'infanzia. Suoi alter ego diventano animali delle favole, la Balena e il Pesce che "vedono" il mondo in certo senso capovolto, la Civetta e il Gatto che si muovono nella notte e in dimensioni che rinviano al mistero e al Subconscio. E' chiaro così il "sentimento del contrario" che anima l'arte del Gomboli – della terra che sin dal Medioevo ha fatto dello smascheramento uno dei fondamenti della propria cultura – come è chiaro il sentimento del mistero, dell'altro da… che opere in apparenza giocose evidenziano. Una struggente nostalgia per una dimensione d'armonia e di perfezione, relegata in mondi altri, aleggia nell'ironia dell'artista e in particolare in certi suoi "notturni": l'asprezza del segno non può celarla ed anzi in certo senso la rende più intensa. Francesco De Caria
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